Pieno Impiego

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4. Economia, lavoro, impresa

Il pieno impiego è un argomento che generalmente viene esorcizzato dai poteri economici minacciando che il suo compimento graverebbe la società di un carico economico insostenibile, ma soprattutto che provocherebbe un’ondata inflazionistica incontrollabile. Falso.

Commento
Il pieno impiego è un argomento molto dibattuto dai tempi di Keynes. Si tratta di un argomento che generalmente viene esorcizzato dai poteri economici minacciando che il suo compimento graverebbe la società di un carico economico insostenibile, ma soprattutto che provocherebbe un’ondata inflazionistica incontrollabile. L’UE stabilisce che, per avere un’economia “sana”, un paese come l’Italia debba avere un tasso di disoccupazione “fisiologico” intorno al 9%. Un livello del tasso di disoccupazione pre-stabilito ha lo scopo di garantire una riserva di mano d’opera per gestire le contingenze economiche (tasso di sviluppo o contrazione temporanea dell’economia) e un controllo sociale della m.d.o., cercare di ridurre conflitti sociali/sindacali, giocando sulla disponibilità limitata di posti di lavoro, in altre parole creare una situazione di competizione all’interno della classe lavoratrice. Ovviamente occorre discriminare tra tassi di disoccupazione e di inattività, e tra questi quelli generali e quelli giovanili. Comunque si userà di seguito il termine “tasso di disoccupazione” in modo generico per semplicità di esposizione. Dal punto di vista politico / filosofico, il fatto che un sistema economico debba fondare i propri presupposti funzionali sulla esistenza di un tasso di disoccupazione predefinito sembra una grave anomalia, sembra una resa del sistema economico a soddisfare appieno le esigenze della popolazione. In Italia, l’articolo 1 della Costituzione dice che “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Ma se si vuole dare una consistenza reale a tale principio la Repubblica Italiana dovrebbe garantire a ogni cittadino, secondo le proprie capacità, un adeguato posto di lavoro e conseguente reddito. La ricchezza del Paese Italia, una delle economie più sviluppate del pianeta, è molto grande. A prima vista si stenta a credere che il sistema paese non resca a soddisfare le esigenze di una frangia marginale della popolazione. Naturalmente se lo Stato dovesse assicurare la garanzia di un posto di lavoro a tutti i cittadini questo non dovrà costituire un obbligo bensì un’opportunità. Occorre evitare le problematiche del cosiddetto “posto fisso”, ovvero posti di lavoro sostanzialmente inutili e formalmente inamovibili dove la produttività è puramente fittizia. Occorre anche superare la difficoltà che si riscontra tra i posti di lavoro disponibili in aree lontane da quelle di residenza dei lavoratori, con difficoltà di trovare alloggi, sistemazione dell’intera famiglia, scuole adatte ai minori e che costringano a separare i membri della famiglia. D’altra parte compito dello Stato e delle organizzazioni economiche e sociali sarà quello di strutturare dal punto di vista regolamentare e operativo delle modalità di attuazione dell’attività offerta. Una modalità di realizzazione sarebbe quella per cui in ogni comune si predispongano una o più sedi logistiche dotate di edifici (magari da recuperare) e aree verdi dove installare attività di vario tipo seguite da istruttori competenti per avviare gli occupati a lavori di vario genere destinati a rendere operativi e accoglienti gli edifici e nel mentre sfruttare le competenze esistenti o istruirne chi ne avesse bisogno. Si pensa a strutture, che si potrebbero chiamare Centri Pieno Impiego, dove in linea di principio: per libera scelta, debbano essere indirizzati, tutti coloro che cercano un posto di lavoro. Si pensa a attività tipo: muratori, decoratori, idraulici, elettricisti, giardinieri, addetti alla sicurezza, alle pulizie, cuochi, ecc. e allestire mense aziendali, nonché servizi di assistenza dei minori nelle ore non scolastiche, insegnamenti complementari, e non ultimi sport, arte, ecc. In sostanza si pensa a una “mini comunità” aperta a più iniziative in regime di autogestione guidata da personale responsabile e competente. Le attività sarebbero esercitate nelle strutture proprie del centro. Il centro di addestramento potrebbe anche includere servizi di tipo residenziale per chi non dispone di un posto dove abitare. A misura che le persone acquisissero delle competenze professionali i servizi potrebbero essere offerti anche all’esterno, ad esempio la custodia dei minori, o servizi di ristorazione, servizi di pulizia urbana e gestione dell’arredo urbano, ecc. Tendenzialmente chi diventasse capace di offrire i propri servizi nell’ambito di aziende esterne sarebbe comunque libero di lasciare il Centro Pieno Impiego e avviarsi a una vita professionale autonoma. I costi di Centri di questo tipo potrebbero essere molto ridotti nella misura in cui si utilizzassero sedi di recupero edilizio (capannoni e aree variamente dismesse). I costi del personale di direzione, gestione e addestramento potrebbero essere ridotti nella misura in cui si ricorresse al volontariato, in particolare da parte di pensionati con esperienze professionali valide, e d’altra parte, con il supporto di aziende esterne, ad esempio fornitrici di materiali, apparecchi e attrezzi quali misure promozionali, variamente agevolate. Centri di questo tipo dovrebbero mettere in atto sistemi di efficientamento energetico degli edifici utilizzati, produzione di energia da fonti rinnovabili, ecc. In linea di principio si pensa che in questi Centri non dovrebbe circolare denaro ma “buoni” denominati in euro da definire opportunamente e valevoli anche all’esterno del Centro. La campagna per il Pieno Impiego dovrebbe svilupparsi su due filoni: a) un filone indirizzato a disoccupati, inoccupati e persone genericamente bisognose cui dare una formazione e un impiego temporaneo nei Centri come sopra delineati. b) pensare ad iniziative statali ad alto livello per incentivare e lanciare, in collaborazione con risorse private, enti o aziende con grandi scopi pluriennali in grado di attirare i giovani qualificati offrendo posizioni di rilievo per mettere in atto le proprie competenze ed evitando la cosiddetta “fuga dei cervelli”. Ad esempio agenzie per la sistema idrogeologica del territorio o aziende per la ricerca tecnologica avanzata. Certamente una iniziativa del genere presenta da una parte un carico politico dirompente e dall’altro delle difficoltà non trascurabili. Ma se si riescono a coniugare tutte le esigenze rappresenterebbe un progresso sociale ed economico di grandissimo prestigio per il Paese. Non di meno sarebbe una battaglia politica che se presentata adeguatamente, potrebbe avere una grande presa sull’opinione pubblica tale da trascinare il successo del Movimento come fecero le grandi battaglie del passato.
Considerazioni. a) Il concetto di “pieno impiego” ha molte affinità con il RDC, ma presenta una differenza fondamentale, cioè, il RDC era una misura tutto sommato “assistenziale”, chi ne aveva bisogno la richiedeva e gli veniva (o no) concessa secondo i requisiti. Il “pieno impiego” invece è un contratto socio/politico tra il cittadino e lo Stato per cui il cittadino da qualcosa e lo Stato ne riconosce un’altra. Analogamente vale lo stesso criterio per il “reddito universale” per cui si batte (tanto giustamente quanto inutilmente) Grillo. Anche quest’ultima in linea di massima ha l’aspetto di un intervento assistenziale. b) Che il “pieno impiego” sia una istituzione portatrice di inflazione si dimostra facilmente che non è vero. In Svizzera il tasso di disoccupazione (3,6%) è molto più basso che in Italia ma l’inflazione non è proporzionalmente più alta. Come dicono le teorie economiche non “turbo capitaliste” l’inflazione va controllata e combattuta con altri mezzi. Negli USA negli anni 2000 – 2008 ci fu un periodo di pieno impiego senza che per altro ci fosse un aumento dell’inflazione. c) Questo tipo di misure vanno coniugate a misure collaterali che consentano una gestione della m.d.o. che tenga conto delle esigenze individuali ma che sia flessibile, efficace e elimini abusi e malpractice che da sempre hanno danneggiato enormemente il mercato del lavoro in Italia, ci si riferisce al ricorso abusivo a permessi malattia inesistenti, assenze ingiustificate e indolenza nel lavoro. Occorre individuare meccanismi più che repressivi per gli inadempienti, premianti per chi compie il proprio dovere in modo esemplare, con percorsi di carriera stimolanti sia all’interno dei Centri sia all’esterno. d) A misura che le persone coinvolte acquisiscono competenze professionali valide, visto lo scarso risultato e il boicottaggio dei centri per l’impiego, nel caso del RDC, mal gestiti da enti in mano a forze politiche incoscienti che hanno vanificato i buoni propositi dell’intervento sarebbe meglio passare a sistemi di assunzione diretta da parte di Enti pubblici dove la m.d.o. scarseggia, Comuni, Tribunali, ecc. Si obietterà che queste assunzioni hanno dei costi. Si dovrà studiare un metodo di retribuzione con delle schede di credito, fiscalmente tracciabili, con spendibilità limitata e sotto forma di “bonus fiscali” negoziabili, utilizzabili per pagare oltreché tasse, tariffe e servizi pubblici anche con il coinvolgimento delle banche, istituti finanziari e associazioni commerciali. Tali bonus fiscali dovrebbero essere spesi entro un orizzonte temporale determinato, pena la decadenza. Tali bonus fiscali non dovrebbero essere monetizzabili, cioè lo Stato non si impegna a coprire la spesa con moneta contante, ma solo come sconto fiscale. e) I Centri per il Pieno Impiego potranno prevedere la costruzione di piccole abitazioni, tipo stanze d’albergo o cabine di traghetti, per alloggiare chi ne ha bisogno a determinate condizioni e costi senza scopo di lucro, pagabili con i buoni ricevuti dagli iscritti. Se ne vedono di simili nei campus universitari all’estero. f) Le attività dei Centri per il Pieno Impiego dovranno essere normate secondo regole e protocolli che poco alla volta dovranno essere standardizzate in tutto il paese tenendo conto delle comunanze e delle specificità. Ad esempio, le stanze abitative come pure le sale riunioni e locali comuni dovranno essere mantenute secondo un protocollo che indichi i processi di pulizia, pittura periodica delle opere murarie in modo da garantire il massimo decoro. La stesura dei protocolli sarà una delle attività gestite dagli iscritti stessi. g) COSTI. Supposto che vi siano 24 M di occupati e 1,7 M di disoccupati pari al 7% degli occupati, se il salario medio fosse di 1.000 € mensili, comporterebbe una spesa annua di circa 20 MD€/annui. Tale cifra di 20 MLD € annui erogata in bonus fiscali andrebbe a sommarsi al PIL. Il PIL dell’Italia è di circa 20.000 MLD € quindi questa proposta peserebbe sul PIL per l’1/1000. L’impatto sul PIL sarebbe positivo perché tali somme sarebbero spese (pena decadimento) ed entrerebbero nel computo del PIL. Poiché i bonus non sono monetizzabili ma sono solo uno sconto fiscale questo non concorre alla formazione di debito dello stato in quanto un mancato introito fiscale contabilmente non rappresenta una spesa. Di conseguenza il rapporto debito/PIL dovrebbe trarne un vantaggio. h) TEMPI DI IMPLEMENTAZIONE. Chi scrive non è in grado di valutare il tempo tecnico di attuazione di una iniziativa di questo tipo. Quello che appare evidente è che la stesura di tutta la legislazione correlata non è lavoro da poco, poiché si deve valutare una casistica molto complessa da affidare a dei giuslavoristi competenti. Le varie modalità di attuazione dovrebbero gestire in modo differenziato anche i percorsi formativi. i) CONTRO. Come tutte le iniziative politiche anche questa andrà contro a bocciature da parte delle opposizioni politiche che in primis la attaccherebbero come “intervento assistenziale di tipo sovietico”. Altro aspetto di sicuro peso è quello organizzativo e legale di questi tipi di attività. Sistemi assicurativi, previdenziali e di sicurezza. Non ci si può nascondere che molti disoccupati lo siano per propria scelta variamente motivata. Queste proposte toglierebbero comunque ogni alibi a chi porta la mancanza di lavoro come scusa per giustificare comportamenti asociali addebitandoli a incuria del governo. j) PRO. Una iniziativa di questo tipo avrebbe un impatto positivo nel contrastare la mano d’opera marginale della malavita e il lavoro nero. k) ASPETTI COLLATERALI. L’attuazione di un programma di questo tipo coinvolgerà anche il censimento e la regolarizzazione dei soggetti marginali, oltre la piccola delinquenza, gli homeless, persone con tossicodipendenze, ecc. Non ci si nasconde che una efficace implementazione di un’iniziativa di questo tipo debba richiedere una certa dose di “autoritarismo” nella realizzazione. Sarà compito di chi gestirà l’iniziativa di saper dosare la giusta parte di autorevolezza/autoritarismo e del rispetto delle libertà individuali. l) CONCLUSIONE. Si ritiene che mettere in cantiere un’iniziativa di questo tipo possa portare nel contesto internazionale un gran beneficio di immagine all’Italia (che di questi tempi ne avrebbe un gran bisogno) nel senso della responsabilità civile nei confronti dei bisognosi. Nel contempo anche il M5* potrebbe godere di una attendibilità presso l’elettorato come ha avuto in passato per altre grandi iniziative di notevole portata civile, economica e ambientale, che purtroppo sono state poi semi distrutte da una classe politica abietta. Non si vuole lanciare il cuore al di là dello steccato ma il principio dietro una iniziativa del genere si potrebbe valutare di farlo entrare di peso nella Costituzione. m) 1° COROLLARIO ALLA PROPOSTA DEL PIENO IMPIEGO. Questa proposta ne richiederebbe un’altra he dovrebbe svilupparsi di pari passo che consiste in un forte intervento dello Stato nello sviluppo di grandi aziende nazionali che vadano a ricoprire ad esempio quello spazio che con risultati contrastanti ma sicuramente molto importanti nei confronti dell’occupazione che fu dell’IRI. Chiaramente lo sviluppo di iniziative di tal tipo andrebbe depurato dagli aspetti negativi che ebbe a suo tempo l’IRI. Vedasi su questo argomento il libro della prof. Mariana Mazzucato …………….. Si tenga presente che lo Stato è presente nelle industrie automobilistiche francesi e pure i Lander (Regioni tedesche) hanno forti partecipazioni in alcune industrie automobilistiche. n) 2° COROLLARIO ALLA PROPOSTA DEL PIENO IMPIEGO. Un effetto non trascurabile della politica del pieno impiego potrebbe essere quella di ridurre il problema della cosiddetta “fuga dei cervelli”, ovvero di studiosi, ricercatori, professionisti formatisi nelle università italiane che poi emigrano per lavorare presso istituti e aziende estere sovente con grande successo professionale. Si eviterebbe che la parte della grande spesa che sostiene lo Stato per la formazione vada dispersa a favore di enti esteri. o) 3° COROLLARIO ALLA PROPOSTA DEL PIENO IMPIEGO. I Centri per il Pieno Impiego, se approvate dal Movimento, potranno essere oggetto del programma elettorale e potranno diventare un’attività concreta nel caso il Movimento vada al governo. A ogni modo, con i dovuti adeguamenti, anche se il Movimento non andasse al governo si potrebbe studiare l’implementazione di alcuni prototipi di questi Centri per il Pieno Impiego gestite a livello di attività volontaristica, senza scopo di lucro e potrebbero diventare un ottimo trailer per una successiva campagna elettorale.
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